sabato 9 giugno 2007

Lettera 1: La Crisi della Società

Caro Emautù,

scrivere a se stessi non è una cosa semplice, così come può sembrare, in quanto occorre una virtù essenziale: il coraggio di mostrarsi ai propri occhi per quello che si è. Dovrebbe essere una condizione naturale dell'uomo esistere nel pieno della propria persona, però in questo mondo degli eccessi, dove il dinamismo iperbolico ha preso il posto della quiete riflessiva, dove la licenza ha sostituito la libertà e dove l'apparire ha vinto sull'essere, fare ciò che ti ho appena scritto è proprio una virtù. E non è affatto arduo comprendere questo, basta guardarsi attorno. Viviamo in una società costituita da molteplici microcosmi, ognuno desideroso d'indipendenza dall'altro, ognuno mosso dall'egotismo e dalla conservazione di se stesso. E da ciò ne è conseguita la trasmodazione dei valori in beni, in base a cui tutto è inficiato dalla difesa esasperata del proprio microcosmo, senza tenere conto della comunità. Persino la politica ha perso il suo scopo e la sua identità originale: non è più perseguimento del bene comune, bensì è raggiungimento dell'interesse oligarchico, basandosi sulla presunzione dell'uguaglianza formale. Ma non siamo tutti uguali, perché c'è chi è più uguale dell'altro. Già, caro Emautù: la nostra cara società occidentale è in crisi e pare destinata allo sfacelo. La sua malattia: la sindrome di Narciso.



La cronaca di ogni giorno dimostra quello che ti sto affermando con mestizia. Non c'è più, ad esempio, la formazione di una volta. Ti ricorderai di certo il Pinocchio di Carlo Collodi ed il fatto che i bimbi erano bacchettati sulle mani dalla maestra a causa delle loro intemperanze. Ed anche al di là della letteratura, ti ricorderai quelle poche volte in cui da bambino fosti messo in castigo, dietro alla lavagna, con la faccia al muro, giacché avevi commesso un torto ad un compagno o avevi detto una parola di troppo. E quando, tornato a casa, raccontavi a tua madre l'accaduto, ella ti rispondeva con altrettanta rigidità: "Te lo sei meritato, ti servirà da insegnamento". Ed oggi? Un'insegnante di scuola media della nostra città ha punito un moccioso di dieci anni che ha vietato ad un coetano l'ingresso nel bagno, dicendogli: "Tu non puoi entrare, sei gay, sei femmina". Magari l'offeso si sarà messo a piangere e sarà andato a raccontare tutto alla professoressa che ha preso la decisione di fare scrivere al bullo su un quaderno cento volte la scritta: "Sono deficiente". E che cosa hanno fatto i genitori dello screanzato? Hanno denunciato l'insegnante che rischia addirittura due mesi di carcere per abuso di mezzi di correzione. Emautù, so che ora starai ridendo per eccesso di assurdità, ma è un fatto davvero successo. A scuola una professoressa ha il dovere non solo di istruire l'alunno, ma anche di insegnargli la buona educazione, il rispetto del prossimo, non solo nei confronti di quel bambino a cui quel monello ha impedito di entrare in bagno, ma anche verso coloro sono stati disprezzati da quell'ingiuria, i cosiddetti gay. Bisogna avere rispetto per le scelte di ogni essere umano, finché sono personali e non politiche (ma questo è un altro discorso). Che cosa avrei fatto io al posto di quell'insegnante di Lettere? Altro che scritte ripetitive sul quaderno! Dietro alla lavagna per un'ora!



La crisi della nostra società, caro Emautù, si avverte anche in uno dei suoi pilastri, cioé la giustizia. Prendiamo il caso di Paris Hilton, la ricca e bella ragazzina americana, che può permettersi di non fare nulla ogni giorno. La giustizia americana l'ha condannata a 23 giorni di carcere per guida senza patente ed in stato di ebbrezza. In Italia se la sarebbe cavata con molto meno, anzi con pochissimo. Ella è entrata in prigione con falsa fierezza, ma non ha resistito alla privazione della libertà ed ha chiesto gli arresti domiciliari, inizialmente accordati. Ma il giudice della corte suprema statale di Los Angeles, Michael T. Sauer, ha decretato il suo ritorno in carcere, saziando lo "sdegno corale" del popolo degli Stati Uniti d'America. E Paris Hilton si è messa a piangere ed ha invocato il nome di sua madre, proprio come una bambina che ha paura. Lo avrà fatto davvero per timore o per ottenere altra pubblicità? Può darsi sia l'uno che l'altro caso. Ma c'è una cosa che tanto mi perplime, caro Emautù. L'atteggiamento dell'opinione pubblica, desiderosa di vedere Paris Hilton in gattabuia. Mi pare una voglia di prendersela con ciò che si sarebbe voluto essere. E' segno dell'apparire che ha preso il posto sull'essere. Perché gli americani, invece di essere severi con la bella ragazzina bionda, non si sdegnano con altrettanta veemenza contro la pena di morte, ancora in vigore in qualche Stato della loro gloriosa Nazione, così da farla diventare davvero il centro della vera democrazia planetaria? Sono certo che concordi con me, caro Emautù. La pena di morte è un insulto all'umanità, quantunque io sia per la rigidità della pena, perché credo poco all'emenda del reo, soprattutto quando uccide spietatamente un altro uomo, accollandosi il diritto di porre fine ad un'esistenza. Ciò perché uno Stato può togliere solo ciò che dà e la vita non è data dallo Stato. Colui che crede ritiene che essa sia un dono di Dio, colui che non crede ritiene che essa sia frutto del Caso. In entrambi i casi, comunque, lo Stato non ha fatto nulla. Lo Stato, ad esempio, può togliere la libertà in nome della difesa del popolo sovrano: ha il dovere di tenere alla larga dalla società i soggetti pericolosi. Ed è per questo, ad esempio, che sono assolutamente contrario all'eliminazione dell'ergastolo in Italia, sostituendolo con una reclusione a lunga durata. Lasciamo in pace, quindi, Paris Hilton. D'accordo: forse non dovrà portare per un pò di tempo la macchina, ma la galera è troppo ed è eccessiva soprattutto l'ira nei suoi confronti. E' una bambina viziata, non è un'assassina.

Emautù, ora devo salutarti, ma senza prima regalarti questa massima di Epicuro: "La scontentezza dell'anima porta l'uomo ai desideri eccessivi".

Ciao.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissime parole, ma su una cosa sbagli di grosso:
Quando parli di scelta.

Secondo te saremmo dei masochisti a scegliere una condizione che è evidentemente, allo stato attuale delle cose, una condizione di svantaggio?

La mia sessualità fa parte di me come il fatto che ho gli occhi castani, i capelli neri e sono magro.
Ci vivo benissimo e non faccio del male agli altri, non do fastidio e credo non lo darei e non toglierei nulla a nessuno neanche se un giorno mi sposassi col mio eventuale futuro compagno.

Assodato questo, assodato che una persona vive tranquillamente la sua sessualità nonostante le pressioni che subisce sin da bimbo, le espressioni ed i condizionamenti aberranti ...per piacere...non parlare di scelta.

Trovo un piccolo miracolo ogni volta che un gay, una lesbica, un bisessuale o un trangender riesce a trovare la strada dell'equilibrio, un miracolo ancora più grande quando in due riescono a trovare una strada in comune...ed è sempre e comunque una gioia, un piacere per gli occhi vedere insieme due persoen che si amano.

Sì, devo dire che anche io mi sento un piccolo miracolato...

Emautù ha detto...

Andrew, innanzitutto, grazie per il tuo contributo. Il riferimento alla scelta, cioé alla logica rerum, è dappertutto, a mio modesto parere. Ognuno di noi sceglie qualcosa in merito alle azioni. La sessualità entra più che altro nel merito della personalità dell'individuo. Tu non hai scelto di essere un omosessuale, ma lo sei perché il tuo animo è incline ad una sessualità che non è quella comune, non coincide con quella naturale, in quanto il sesso è strettamente legato alla riproduzione. Ma è una sessualità da rispettare. Il discorso giuridico, tuttavia, attraversa altri campi che non riguardano né la scelta né il rispetto della condizione degli omosessuali.