lunedì 11 giugno 2007

Lettera 4: Il destino non esiste

Caro Emautù,

tu oggi mi chiedi di parlarti del destino. Beh, io non ci credo. Esso è un modo per prendere atto superficialmente degli avvenimenti quotidiani, sia quelli che coinvolgono l'intera società sia quelli che riguardano i singoli. Esempio triviale: poniamo il caso che io abbia un colloquio di lavoro presso un'agenzia immobiliare in una via, la cui distanza temporale da casa mia è di dieci minuti a piedi, alle ore 10. Inizialmente avevo deciso di cominciare a camminare alle 9:45. Poi, per la paranoia di arrivare in ritardo, opto per le 9:40. Esco dal portone a quell'orario ed un'auto guidata da un ubriaco mi investe e mi uccide sul colpo. Molti commenterebbero la tragedia così: "Povero giovane...il destino ha voluto che morisse in questo modo..."

Emautù, non sarebbe colpa del destino, del fato o moira, che dir si voglia. Sarebbe stata colpa della mia seconda scelta, modificata rispetto alla prima. Proprio così: le azioni di un uomo, misurate dal tempo, prendono le mosse dalle scelte che poniamo in pratica, non certo da quelle che lasciamo all'astratto. Non siamo burattini di Dio, come può pensare qualche credente, soprattutto luterano, assertore del principio del servo arbitrio. Siamo pienamente responsabili di noi stessi, siamo liberi di scegliere l'azione, opportuna o meno, giusta o no. Siamo caratterizzati dal libero arbitrio, per dirla in maniera cattolica, o dalla logica delle cose, per dirla in maniera atea. Il destino ineluttabile non è che una invenzione da lasciare ai tragediografi dell'antica Grecia. Non credo, ad esempio, all'astuzia della ragione di Hegel, che governa il mondo in modo provvidenziale. Il filosofo tedesco, infatti, riteneva che gli uomini si distinguono in più importanti e meno importanti, gli uni che modificano lo stato delle cose, facendo progredire il mondo, gli altri che invece tendono a conservarlo, ma sempre mossi da una volontà estranea ed esterna alla loro. No, Emautù, io la penso diversamente, così come già ho scritto. L'uomo è padrone assoluto della sua vita ed il presente, cioé il momento stesso in cui stiamo esistendo, non è che il risultato di tutte le scelte precedentemente compiute.

Ora ti saluto, Emautù con questo insegnamento di Epicuro: "La divinazione non ha un fondamento reale, se lo avesse gli eventi non sarebbero in nostro potere".

domenica 10 giugno 2007

Lettera 3: Conosci te stesso


Caro Emautù,

ieri un lettore di queste pagine, il cui nome è Bulgakov, ha voluto partecipare alla nostra discussione, scrivendo queste importanti parole: "Penso da qualche giorno alla sigla di una nota trasmissione radiofonica, ripete incessantemente -siamo sè stessi-. Essere sè stessi, conservare questa condizione è una delle cose più difficili da preservare. Prendo in prestito il tuo Epicuro e la sua dottrina sulla nascita delle cose. Epicuro sostiene che tutto è composto da particelle elementari. Queste per loro natura tendono a seguire una traiettoria verticale verso il basso e quella seguirebbero per sempre se non esistesse il clinamen. Nel loro percorso esiste cioè una "deviazione", una forza che li fa urtare, producendo qualcosa di nuovo. Ecco queste deviazioni del tutto naturali tendono a farci essere meno sè stessi. E' solo una questione di ritrovare la tua traiettoria, cosa difficile ma indiscutibilmente possibile". Ebbene, quale miglior occasione che questa per riflettere sulla conoscenza di se stessi? Innanzitutto, d'accordissimo con Bulgakov sul fatto che essere se stessi è difficilissimo, soprattutto nel nostro tempo, dove l'apparire è divenuto un valore, mentre l'essere spesso un imbarazzo. Ormai si tende ad agire per mostrarsi belli agli occhi degli altri, per ottenere un qualche profitto da ciò che vuole il destinatario, che gestisce in potenza o in astratto il nostro interesse. Esempio che può apparirti trivale: un gruppo di amici di cui facciamo parte pretende da noi il capello cortissimo, anche se non ci sta bene? Ebbene, lo si fa, perché conta più far parte di quel gruppo che soddisfare la propria volontà. Ed ormai la nostra società va avanti a mode. Una volta, ad esempio, esistevano i veri comunisti, quelli mossi dall'ideale, quantunque incondivisibile in molte cose, ma tendenti anche al confronto con le altre parti in gioco nel sistema politico. Oggi esistono molti mocciosi che vanno in giro con la maglietta rossa con l'effige di Che Guevara e la barbetta, che vanno contro gli USA e contro Silvio Berlusconi a spada tratta, a prescindere dal fatto che possano qualche volta dire o fare qualcosa di oggettivamente sensato, che colpiscono la Chiesa perché meramente bisogna essere atei a tutti i costi, in quanto la religione è l'oppio dei popoli. E spesso questi sfasciano le città. In estrema sintesi, il comunismo è divenuto ormai una ideologia di costume. Così com'è è divenuta tale l'ideologia nera, che più nera non si può. Io, caro Emautù, sono contrario alle ideologie sistemiche, quelle che non ammettono dialogo e moderazione; ritengo, inoltre, che ogni ideologia faccia parte di un determinato periodo storico: una volta terminato il contesto, essa perde la sua sostanza e di conseguenza la sua utilità. Come sono contrario ai fondamentalismi e agli integralismi religiosi. Guardati bene, caro amico, ad esempio dal concepire il mondo in chiave manichea. Non c'è tutto bene da un lato e tutto male dall'altro, quantunque le interazioni sono basate sul conflitto fra queste due forze dinamiche. Penso, infatti, che il mondo non sia nettamente spaccato in queste due categorie, ma che lo siano gli uomini nel loro animo. Ci sono uomini del tutto cattivi, uomini del tutto buoni, uomini a volte cattivi ed a volte buoni. I difetti, infatti, sono in noi, non nelle cose. Ma ritorniamo alla conoscenza di se stessi.

E voglio parlarti, Emautù, in primo luogo dello gnosticismo, un termine usato dagli studiosi per raggruppare una serie di dottrine religiose del II e del III secolo. Il nome deriva dal greco gnosis, che significa "conoscenza". Sono gnostiche le religioni che mettono l'accento sulla necessità della vera conoscenza per esere salvato e predicano la vera conoscenza di se stessi. Solo quando si conosce veramente se stessi si può essere liberati dai mali di questo mondo, che sono quelli dell'esistenza materiale. La fuga è possibile solo con la reale conoscenza di se stessi. Fuoriuscendo dalla dimensione spirituale dello gnosticismo, conoscere se stessi è davvero il modo per essere liberati dal male, che definirei alla Montale, cioé il mal di vivere. E' infatti vita quella basata sulla mera apparenza? Ci si può guardare con fierezza allo specchio se si esiste nella società, mentendo sulla propria forma mentis e sul proprio modus cogitandi? No, non lo è. Emautù, sii te stesso sempre e comunque. E se non sai chi sei, conosciti. Se è indipensabile, mettiti da parte per un pò, allontanati dall'ambiente in cui capisci di aver dato troppo spazio all'apparenza. Non perseverare nell'errore, in quanto il rischio conseguente potrebbe essere l'accumulo di stress ed ansia, l'impossibilità ad interagire con chiarezza e lucidità, il mal di vivere, la depressione.

Buona domenica, Emautù.

sabato 9 giugno 2007

Lettera 2: L'Amicizia


Caro Emautù,

ti scrivo per la seconda volta a breve distanza dalla prima, in quanto c'è tanto da comunicarti ed ho inoltre il tempo per poterlo fare. Potrei usarlo per fare altro, magari passeggiare per le vie del centro della nostra città, sfruttando la bellissima giornata di oggi. Ma non mi va, in quanto dovrei farlo da solo. Non preoccuparti, comunque: non sono un riccio. Stasera uscirò con due carissimi amici, o meglio gli unici. Ed è proprio questo il tema protagonista di questa lettera, l'amicizia. Per cominciare, Cicerone scriveva che essa non è frutto di calcolo o necessità; non è interessata simulazione d'affetto; non è complicità in azioni disonorevoli. E', invece, il naturale sentimento che unisce le animi nobili ed oneste ed è un vincolo più forte dei legami di sangue. Ed in questi ultimi anni, caro Emautù, io ho trascurato l'amicizia, perché troppo legato all'amore. Ho messo da parte chi mi ha dimostrato di essere un sostegno sempre presente ed un conforto solidale nei momenti più difficili della mia esistenza. Ed ora che l'amore, ahimé, non è nutrito più dall'amata, che ha deciso di fare strada a sé, il desiderio di amicizia è nuovamente rinato. A torto, naturalmente. In quanto l'amicizia non deve essere presa in considerazione solo per motivi di convenienza, ma sempre. Perché, riprendendo il buon vecchio Cicerone, l'amicizia è dividere gioie e affanni in una comune tensione verso il bene ed il giusto. Mi accorgo, dunque, di avere sbagliato e ti esorto, Emautù, di non commettere i miei stessi errori, ma di rispettare il valore dell'amicizia. Però, ci sono amici ed amici. Sono difficilmente tali, ad esempio, coloro i quali compiono il tuo medesimo cammino di qualsivoglia genere, giacché, una volta compiuto o interrotto, ti potresti accorgere che non lo sono mai stati, proprio com'è accaduto a me. L'amicizia è sempre tale, a prescindere dal percorso. L'amicizia vera, infine, è quella che ha come elemento costitutivo la fiducia reciproca, come scrisse per bene Seneca a Lucilio, "se stimi amico uno, e poi non hai in lui la stessa fiducia che hai in te stesso, commetti un grave errore e ignori il valore della vera amicizia. Prendi ogni decisione d'accordo con l'amico, ma prima sii ben sicuro di lui. Prima devi giudicarlo ma, una volta che hai stretto l'amicizia, devi fidarti pienamente di lui".

In politica, invece, l'amicizia esiste di rado. Sempre Cicerone scrisse che essa applicata all'agire politico, è armonia e comunione d'intenti nel superiore interesse dello Stato. Esatto. Ma nella nostra società, così come ti ho accennato nella prima lettera, la politica sta risentendo della crisi generale ed è contraddistinta dall'interesse oligarchico piuttosto che dal bene comune. Proprio oggi si sono parlati ufficialmente Romano Prodi e George Bush ed il primo ha affermato che "è stato un incontro interessante ed amichevole". Ma tra i due c'è un abisso, soprattutto perché differente è il loro modo di concepire l'attività politica e l'amministrazione dell'esecutivo di uno Stato. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, capo del centrosinistra, non può essere amico del Presidente degli Stati Uniti d'America, nemico dichiarato di buona parte dell'Unione, soprattutto di quella estremista. Proprio in questo momento, ad esempio, a Roma stanno manifestando contro l'orco americano esponenti della maggioranza parlamentare, come la senatrice Franca Rame, moglie di Dario Fo, che spesso ha palesato l'incoerenza politica, perché pur essendo contraria a molte cose, ha accettato sempre di votarle per non far cadere il Governo, ed il celeberrimo senatore Franco Turigliatto, cacciato qualche mese fa da Rifondazione Comunista, reo di aver mostrato tecnicamente le difficoltà dell'Unione di governare il Paese, giacché al Senato della Repubblica la situazione numerica è davvero precaria. Oggi, dunque, l'amicizia in politica è soprattutto ipocrita. Non esiste più l'Atene di un tempo, caro Emautù.

Ora, ti saluto con affetto ed anche stavolta ti lascio con un pensiero di Epicuro: "L'amicizia percorre la terra, annunciando a tutti noi di svegliarci per comunicarci la gioia l'un l'altro".

Buona serata.

Lettera 1: La Crisi della Società

Caro Emautù,

scrivere a se stessi non è una cosa semplice, così come può sembrare, in quanto occorre una virtù essenziale: il coraggio di mostrarsi ai propri occhi per quello che si è. Dovrebbe essere una condizione naturale dell'uomo esistere nel pieno della propria persona, però in questo mondo degli eccessi, dove il dinamismo iperbolico ha preso il posto della quiete riflessiva, dove la licenza ha sostituito la libertà e dove l'apparire ha vinto sull'essere, fare ciò che ti ho appena scritto è proprio una virtù. E non è affatto arduo comprendere questo, basta guardarsi attorno. Viviamo in una società costituita da molteplici microcosmi, ognuno desideroso d'indipendenza dall'altro, ognuno mosso dall'egotismo e dalla conservazione di se stesso. E da ciò ne è conseguita la trasmodazione dei valori in beni, in base a cui tutto è inficiato dalla difesa esasperata del proprio microcosmo, senza tenere conto della comunità. Persino la politica ha perso il suo scopo e la sua identità originale: non è più perseguimento del bene comune, bensì è raggiungimento dell'interesse oligarchico, basandosi sulla presunzione dell'uguaglianza formale. Ma non siamo tutti uguali, perché c'è chi è più uguale dell'altro. Già, caro Emautù: la nostra cara società occidentale è in crisi e pare destinata allo sfacelo. La sua malattia: la sindrome di Narciso.



La cronaca di ogni giorno dimostra quello che ti sto affermando con mestizia. Non c'è più, ad esempio, la formazione di una volta. Ti ricorderai di certo il Pinocchio di Carlo Collodi ed il fatto che i bimbi erano bacchettati sulle mani dalla maestra a causa delle loro intemperanze. Ed anche al di là della letteratura, ti ricorderai quelle poche volte in cui da bambino fosti messo in castigo, dietro alla lavagna, con la faccia al muro, giacché avevi commesso un torto ad un compagno o avevi detto una parola di troppo. E quando, tornato a casa, raccontavi a tua madre l'accaduto, ella ti rispondeva con altrettanta rigidità: "Te lo sei meritato, ti servirà da insegnamento". Ed oggi? Un'insegnante di scuola media della nostra città ha punito un moccioso di dieci anni che ha vietato ad un coetano l'ingresso nel bagno, dicendogli: "Tu non puoi entrare, sei gay, sei femmina". Magari l'offeso si sarà messo a piangere e sarà andato a raccontare tutto alla professoressa che ha preso la decisione di fare scrivere al bullo su un quaderno cento volte la scritta: "Sono deficiente". E che cosa hanno fatto i genitori dello screanzato? Hanno denunciato l'insegnante che rischia addirittura due mesi di carcere per abuso di mezzi di correzione. Emautù, so che ora starai ridendo per eccesso di assurdità, ma è un fatto davvero successo. A scuola una professoressa ha il dovere non solo di istruire l'alunno, ma anche di insegnargli la buona educazione, il rispetto del prossimo, non solo nei confronti di quel bambino a cui quel monello ha impedito di entrare in bagno, ma anche verso coloro sono stati disprezzati da quell'ingiuria, i cosiddetti gay. Bisogna avere rispetto per le scelte di ogni essere umano, finché sono personali e non politiche (ma questo è un altro discorso). Che cosa avrei fatto io al posto di quell'insegnante di Lettere? Altro che scritte ripetitive sul quaderno! Dietro alla lavagna per un'ora!



La crisi della nostra società, caro Emautù, si avverte anche in uno dei suoi pilastri, cioé la giustizia. Prendiamo il caso di Paris Hilton, la ricca e bella ragazzina americana, che può permettersi di non fare nulla ogni giorno. La giustizia americana l'ha condannata a 23 giorni di carcere per guida senza patente ed in stato di ebbrezza. In Italia se la sarebbe cavata con molto meno, anzi con pochissimo. Ella è entrata in prigione con falsa fierezza, ma non ha resistito alla privazione della libertà ed ha chiesto gli arresti domiciliari, inizialmente accordati. Ma il giudice della corte suprema statale di Los Angeles, Michael T. Sauer, ha decretato il suo ritorno in carcere, saziando lo "sdegno corale" del popolo degli Stati Uniti d'America. E Paris Hilton si è messa a piangere ed ha invocato il nome di sua madre, proprio come una bambina che ha paura. Lo avrà fatto davvero per timore o per ottenere altra pubblicità? Può darsi sia l'uno che l'altro caso. Ma c'è una cosa che tanto mi perplime, caro Emautù. L'atteggiamento dell'opinione pubblica, desiderosa di vedere Paris Hilton in gattabuia. Mi pare una voglia di prendersela con ciò che si sarebbe voluto essere. E' segno dell'apparire che ha preso il posto sull'essere. Perché gli americani, invece di essere severi con la bella ragazzina bionda, non si sdegnano con altrettanta veemenza contro la pena di morte, ancora in vigore in qualche Stato della loro gloriosa Nazione, così da farla diventare davvero il centro della vera democrazia planetaria? Sono certo che concordi con me, caro Emautù. La pena di morte è un insulto all'umanità, quantunque io sia per la rigidità della pena, perché credo poco all'emenda del reo, soprattutto quando uccide spietatamente un altro uomo, accollandosi il diritto di porre fine ad un'esistenza. Ciò perché uno Stato può togliere solo ciò che dà e la vita non è data dallo Stato. Colui che crede ritiene che essa sia un dono di Dio, colui che non crede ritiene che essa sia frutto del Caso. In entrambi i casi, comunque, lo Stato non ha fatto nulla. Lo Stato, ad esempio, può togliere la libertà in nome della difesa del popolo sovrano: ha il dovere di tenere alla larga dalla società i soggetti pericolosi. Ed è per questo, ad esempio, che sono assolutamente contrario all'eliminazione dell'ergastolo in Italia, sostituendolo con una reclusione a lunga durata. Lasciamo in pace, quindi, Paris Hilton. D'accordo: forse non dovrà portare per un pò di tempo la macchina, ma la galera è troppo ed è eccessiva soprattutto l'ira nei suoi confronti. E' una bambina viziata, non è un'assassina.

Emautù, ora devo salutarti, ma senza prima regalarti questa massima di Epicuro: "La scontentezza dell'anima porta l'uomo ai desideri eccessivi".

Ciao.